In occasione del 30° Anniversario un dovuto omaggio al Teatro Pacini e alla sua Musica

Giovanni Francesco Grossi, detto Siface (Chiesina Uzzanese 1653 –Bologna 1699), è stato uno dei massimi castrati italiani del XVII secolo. Il soprannome gli derivò da una magistrale interpretazione del ruolo di Siface del melodramma Scipione Africano di Francesco Cavalli e Nicolò Minato, al teatro Tordinona di Roma nel carnevale 1671.Figlio di Giovanni di Pellegro di Chiesina Uzzanese, e di Ortensia De Cesari, ancor giovane si trasferì a Roma, dove probabilmente studiò, forse con Bernardo Pasquini che era nativo della vicina Massa in Valdinievole, delle cui opera fu spesso interprete nelle prime rappresentazioni. Nel dicembre 1669 entrò al servizio del principe Giovan Battista Borghese, fu cantore a S. Giacomo degli Spagnoli e nell’aprile 1675 entrò come soprano nella Cappella Pontificia. Negli anni tra il 1674 e il 1678 cantò negli oratori di diversi compositori. Dal 1681 fu al servizio del duca di Modena Francesco II, e poi del successore Rinaldo I d’Este, esibendosi regolarmente nei teatri di Modena e Reggio, ma anche di Venezia, Parma e Bologna fino all’ultimo anno della sua vita. Nel 1687 si recò a Londra dove  si esibì con successo  nella cappella cattolica di Giacomo II d’Inghilterra. Pochi anni prima di morire, quale tributo alla sua terra d’origine, Siface aveva voluto sovvenzionare la realizzazione nel Duomo di Pescia del nuovo altare maggiore, che venne scolpito in marmi policromi dall’artista Giuseppe Vaccà di Carrara.    Bernardo Pasquini (Massa e Cozzile 1637 – Roma 1710) compositore, clavicembalista e organista italiano. Dopo i primi studi a Uzzano si era trasferito come organista presso l’Accademia della Morte. A metà degli anni Cinquanta si trasferì a Roma, organista di Santa Maria Maggiore, mantenendo il posto fino al 1704, ed ebbe pure la carica di organista del Senato e del Popolo romano in Santa Maria in Ara Coeli. Fu anche organista della cappella Borghese in S. Maria Maggiore. Ben presto divenne uno dei musicisti più in vista della Roma del tempo. Nel 1706, insieme ad Arcangelo Corelli e Alessandro Scarlatti, fu tra i primi musicisti ammessi nell’Accademia dell’Arcadia, con il nome di Protico Azetiano. Fu clavicembalista e insegnante ammirato e ricercato. Morì a Roma il 21 novembre 1710 e fu sepolto nella Basilica di San Lorenzo in Lucina.   Carlotta Marchionni (Pescia 1796 – Torino 1864) è stata un’attrice teatrale italiana che ha interpretato tragedie di Vittorio Alfieri, Silvio Pellico, Carlo Marenco ed altri autori di testi d’ambientazione medievale ricchi di elementi sentimentali e patriottici. Carlotta Marchionni visse in quel glorioso primo ‘800 (gli anni di Alfieri, Monti, Foscolo, Manzoni, Pellico, Berchet, Di Breme…) in cui il teatro italiano si avviava a diventare nazionale. I suoi genitori, Angelo Marchionni (Pesciatino) e la senese Elisabetta Baldesi, erano entrambi attori. Questa figlia d’arte nacque a Pescia il 14 giugno 1796 e frequentò fin da piccolissima l’ambiente teatrale. Studiò per tre anni presso le Orsoline di Verona e di quel soggiorno si raccontarono cose straordinarie (forse vere, in parte leggendarie). Si dice che un giorno, cadendo in ginocchio davanti alla statua di Sant’Orsola, cominciò a invocare la santa con una tale passione che le compagne, stupefatte, restarono lì ad ascoltarla. Le estasi si ripeterono e, si raccontava, attirarono sul convento numerose grazie. Divenne famosa interpretando in modo mirabile il repertorio tragico di Alfieri (Mirra), di Silvio Pellico (Francesca da Rimini) e di altri autori oggi dimenticati – come, per fare un nome, il commediografo torinese Alberto Nota. I giornali esaltavano la capacità di lei di compendiare “in se stessa i tratti speciali del dramma moderno”, di saper esprimere “tutte le gradazioni della poesia, dalle note gravi alle dolci, dalle elevate alle volgari, dalle fantastiche alle appassionate”. Questa pesciatina fu una ‘star’ della vita culturale milanese negli anni del primo romanticismo. Nella capitale lombarda fu conosciuta e apprezzata da Foscolo e Stendhal, da lord Byron e Rossini, entrambi presenti alla prima della Francesca da Rimini. E fu merito suo se la tragedia trionfò sulle scene. Nel 1815 Carlotta interpretò la Francesca da Rimini di Silvio Pellico andata in scena al Teatro Re di Milano il 18 agosto 1815. Molte notizie sulla vita della Marchionni le fornisce l’epistolario del Pellico. Sappiamo che di lei si innamorarono uomini famosi. Uno fu Piero Maroncelli, il patriota e scrittore imprigionato col Pellico nello Spielberg. Maroncelli dedicò a Carlotta molte poesie tuttora inedite. Ma la grande storia d’amore fu quella con Ludovico di Breme. Carlotta, ritiratasi dalle scene nel 1840, si spegnerà a Torino il 1° febbraio 1861. In tarda età Carlotta si impegnò per dare sostegno alla femminista provenzale Clementina De Como, autrice di Emancipation de la femme (Torino, Arnaldi, 1853).   Luigi Pacini, padre di Giovanni (Pescia 1767 – 1837) percorse brillante carriera, prima come tenore, poi come buffo(comico). Anche la madre Isabella era cantante. Erano a Catania in tournee quando nacque Giovanni.   Giovanni Pacini (Catania, 1796 – Pescia 1867) è stato un compositore italiano. All’età di circa dodici anni inizia a studiare canto e contrappunto a Bologna e un anno dopo composizione a Venezia. Nel 1820, a Roma, collaborò con Rossini. L’anno successivo (1821) presentò la sua opera Cesare in Egitto, che ebbe grande successo a Roma. Nel 1822 fu invitato sul bastimento della Duchessa di Lucca Maria Luisa di Borbone. Il viaggio si concluse a Viareggio. Il Pacini rimase positivamente colpito dal luogo e vi si stabilì, facendone la sua residenza principale fino al 1857. In quel periodo a Viareggio stava costruendo una sontuosa villa Paolina Bonaparte, sorella di Napoleone, con cui il musicista ebbe una relazione amorosa. Successivamente, seguendo la propria carriera, il musicista si trasferì per un certo periodo a Napoli, ove sposò nel 1825 la partenopea Adelaide Castelli. Le opere di Pacini composte tra il 1830–33 incontrarono giudizi contrastanti da parte della critica e del pubblico. Nelle sue memorie scrisse: “iniziai ad accorgermi di essere fuori dai giochi: Bellini, il divino Bellini, e Donizetti mi avevano superato”. Sposò successivamente Marietta Alboni, famosa soprano. Dopo una pausa di circa sei anni, riprese a comporre, ottenendo grande successo con la Saffo che, rappresentata al San Carlo di Napoli, fu la sua opera più fortunata.  Nel 1857 si trasferì a Pescia, bella cittadina a venti chilometri da Lucca, dove trascorse gli ultimi anni della sua vita. Nel 1849 morì anche la seconda moglie e nel 1865 egli si sposò in terze nozze, a Pescia, con Marianna Scoti. La Scoti curò l’edizione postuma delle opere di Pacini e la pubblicazione della sua autobiografia (Le mie memorie artistiche). Pacini si spense a Pescia il 6 dicembre 1867 e fu sepolto nella Pieve dei Santi Bartolomeo e Andrea.     Gialdino Gialdini (Pescia 1843 – Pescia 1919). Studiò a Firenze sotto la guida di Teodulo Mabellini. Il 5 marzo 1868, con Rosmunda (tragedia lirica composta da un prologo e due atti) vinse come migliore opera il  premio  offerto dal Teatro della Pergola di Firenze. Scrisse musica sacra, sinfonie, musica da camera. Nel 1883 è nominato Cavaliere della Corona d’Italia per aver sostenuto all’estero la musica italiana. Figlio di un suonatore di tromba, fu da lui avviato alla musica. Allievo poi per nove anni di Pietro Vallini, organista della Cattedrale di Pescia. A 17 anni compose e concertò una messa per grande orchestra da lui stesso diretta, qualche tempo dopo, a Pescia nella chiesa di S. Stefano.  A Firenze la Società del Quartetto eseguì un suo Trio per violino, violoncello e pianoforte, rimasto a lungo nel repertorio della musica cameristica. Nel 1868 partecipò ad un concorso bandito dalla direzione del Regio Teatro della Pergola di Firenze per un’opera seria, e risultò vincitore con il lavoro Rosamunda su libretto di Giovanni Battista Canovai, data a quelle scene il 5 marzo dello stesso anno. Nel 1870 fece una tournée In Spagna e Sud America. Dette concerti per pianoforte e diresse alcune orchestre. Nel 1871, di ritorno a Pescia fondò l’Istituto Musicale Pacini dove lui stesso insegnava pianoforte. Ma questo progetto non ebbe lunga vita. Più durevole fu la vita della Banda di cui assunse la direzione. Promosse e diresse opere a Pescia. Ritornato a Firenze compose due opere buffe, La Secchia Rapita e l’Idolo Cinese. Si dedicò quindi alla sola attività di concertatore e direttore. Diresse al Politeama e al Comunale di Trieste, oltre che in molti teatri delle principali città del Messico, e dell’America settentrionale. Nel 1915, dopo l’entrata dell’Italia nella prima guerra mondiale, dovette lasciare Trieste. Trascorse gli ultimi anni della sua vita nella nativa Pescia, dove morì il 6 marzo 1919 lasciando un’opera incompiuta. Fu sepolto nella Chiesa del Cimitero urbano. Il 31 maggio 1925, gli fu inaugurata una lapide commemorativa sulla casa dove morì. La Banda Musicale cittadina è a lui intitolata.   Francesco Palamidessi (Pescia 1849 – Firenze 1891). Il professor Francesco Palamidessi nacque a Pescia il 16 giugno 1849 dal Dott. Davide Palamidessi, farmacista, e dalla N.D. Giulia Galeffi. Francesco studiò all’Istituto Musicale di Firenze, del quale divenne poi un insegnante apprezzato.La musica fu ‘arte più apprezzata da tutta la famiglia, anche Puccini ha elogiato la vena musicale di Francesco. Francesco ha vissuto molto all’estero, ha frequentato i salotti di Parigi, dove conobbe e sposò Josephine, la bellissima figlia della baronessa Pasteur D’Estreillis, Elisa de Castelvecchio. Francesco e Josephine si sposarono a Firenze nel ’74, nella Chiesa di S. Lorenzo; si stabilirono in un primo tempo a Pescia, alla Villa delle Cave, dove ancora si conserva un quadro che ritrae la Contessa Elisa di Castelvecchio. La tragedia della morte del IV figlio fece andare a rotoli il matrimonio. La separazione fu drammatica, Josephine lasciò l’Italia e portò con sé i figli ed impedì loro qualsiasi contatto col padre. Francesco si stabilì a Firenze e si dedicò con grande passione alla musica. Insegnante  dell’Istituto Musicale Fiorentino, divenne insigne pianista, concertista e compositore valente e pregiatissimo.Con le sue esecuzioni concertistiche in Italia, Inghilterra e Francia, la sua fama di pianista varcò i confini della Patria. Morì prematuramente a Firenze il 31 ottobre 1891, a soli 42 anni.Compose Fly Together, edita da Tito Ricordi a Londra e Polonaise dedicata a Elisa Pasteur D’Etreillis,madre della moglie Josephine.   Giacomo Puccini (Lucca 1858 – Bruxelles 1924). Nacque a Lucca il 22 dicembre del 1858, sestogenito dei nove figli di Michele Puccini. La morte del padre, avvenuta quando Giacomo aveva cinque anni, mise in condizioni di ristrettezze la famiglia. Giacomo inizialmente frequentò il seminario di San Michele e successivamente quello della Cattedrale dove iniziò lo studio dell’organo. Dopo cinque anni, uno in più di quelli necessari, gli studi di base, si iscrisse all’Istituto Musicale di Lucca, dove il padre era stato insegnante. Vista la predisposizione musicale del figlio, Albina Puccini tentò con ogni forza di far ottenere a Giacomo una borsa di studio per frequentare il conservatorio meneghino.  Nel 1880, Puccini si trasferì a Milano e iniziò a frequentare il Conservatorio. Puccini diventò quindi alunno di Amilcare Ponchielli. Il cui influsso si ritroverà costantemente nei futuri lavori del compositore. Grazie, seppur indirettamente, al nuovo maestro, Giacomo fece conoscenza con Pietro Mascagni. Nel 1895, prese in affitto la Villa il Castellaccio, consigliato dalla sorella Ramelde, che abitava con il marito a Pescia, per “trovare la pace sufficiente”, infatti qui compose il 2° ed il 3° atto della Boheme. Con Manon Lescaut ebbe il primo grande successo e vide aumentare le sue disponibilità economiche.Nel 1891 Puccini si trasferì dunque a Torre del Lago: ne amava il mondo rustico, la solitudine e lo considerava il posto ideale per coltivare la sua passione per la caccia e per gli incontri, anche goliardici, tra artisti. Di Torre del Lago il maestro fece il suo rifugio. Qui furono composte, almeno in parte, tutte le sue opere di maggior successo, tranne Turandot. Tutte le opere di Puccini, da Manon Lescaut in avanti, si prestano a essere lette e ascoltate anche come partiture sinfoniche. La ricostruzione musicale dell’ambiente costituisce un aspetto di assoluto rilievo in tutte le partiture pucciniane: si tratti della Cina di Turandot, del Giappone di Madama Butterfly, del Far West de La fanciulla del West, della Parigi di Manon Lescaut, Bohème, Rondine e Tabarro, della Roma papalina di Tosca, della Firenze duecentesca di Gianni Schicchi o del convento secentesco di Suor Angelica. Morì nel 1924 a Bruxelles.   Can. maestro Dino Menichetti. Nato a Orbignano di Lamporecchio l’11 ottobre1918. La sua famiglia, pochi anni dopo, si trasferì a Pescia e lì il futuro sacerdote visse fino agli anni della guerra svolgendovi anche tutti gli studi preparatori al presbiterato nel Seminario Vescovile di Pescia. Un compositore che in fondo rappresenta la figura artistica più alta e solenneche abbia espresso la terra della Valdinievole ecclesiastica. La sua produzione spazia dal 1937 al 2010. Conobbe un religioso vallombrosano, un certo padre Placido Lucherini, allora dimorante nell’ex omonimo convento di Pescia (san Giuseppe), che gli consentì di perfezionare  le sue preparazioni musicali.  A 23 anni  vantava già la composizione di una Messa, la “Jesu Redemptor” . Inviato in qualità di vicario parrocchiale a Spianate (Lu), il maestro can. Menichetti fu facilitato per la breve distanza a frequentare il vicino Conservatorio Musicale “L. Boccherini” di Lucca, dove conseguì il diploma in composizione. Ai primi degli anni ‘50, venne nominato direttore della Cappella della SS.Annunziata a Firenze. Rientrato in diocesi si stabilì a Montecatini Terme dove potè anche dedicarsi  alla composizione. Infatti musicò anche 21 testi poetici memorabili .Il can. Menichetti è sempre stato pienamente consapevole del valore artistico delle sue composizioni musicali. Il 13 agosto 1956 il Capitolo della Cattedrale di Pescia lo annoverò tra i suoi canonici. Nel  1947 la realizzò l primo Oratorio L’Epifania del Signore per soli, coro e orchestra, cui seguiranno altri. Liriche per canto e pianoforte, su testi di eminenti poeti dell’ ‘800-’900. La sua musica immortale ci sopravviverà eternamente…Si è spento l’8 maggio 2016 a Candeglia di Pistoia, a 97 anni.  

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